venerdì 31 luglio 2015

Maya (di C.W. Huntington Jr.)

Ho scoperto questo romanzo nella mia ricerca di narrativa ad ispirazione buddista, tramite l'ottimo sito Buddhist Fiction e ho trovato molto di più di quanto mi aspettavo.

Innanzitutto è un libro di grandi passioni. La prima e più pervasiva è l'amore per l'India, ritratta nei caotici anni '70 in cui le esplosive tensioni politiche interne si intrecciavano con i "viaggi magici" degli occidentali che la sceglievano per costruirsi una nuova vita. La descrizione della vita quotidiana, dei contrasti tra le classi sociali e delle profonde discriminazioni, in primis quella delle donne è narrata con passione; in alcune pagine di Benares si sente letteralmente l'aria afosa prenderti alla gola o ti pare di tenere in mano un bicchiere dell'onnipresente chai (tè con latte e spezie).
L'altra grande passione è la disperazione di Stanley, il protagonista, che fugge da un matrimonio incompleto verso un mondo nuovo, continuando ad oscillare tra la nostalgia del suo matrimonio e una austera vita monacale dedicata alla meditazione e allo studio della letteratura sanscrita. Durante il suo lungo travaglio Stanley viene a contatto con una costellazione di personaggi, sia indiani che espatriati, che lo accompagneranno verso l'epifania finale, il momento in cui capisce finalmente da quale domanda dipende davvero il senso della sua vita e chi può aiutarlo a risolverla.

Il libro è scritto ottimamente, purtroppo non esiste un'edizione italiana, ma per un appassionato di cultura e paesi orientali lo sforzo di leggerlo in inglese è ben ricompensato.

Unico cruccio è che di fatto si tratta di un primo volume, nel senso che gli scenari che Stanley ha davanti a sé prima di arrivare al suo sé contemporaneo, che si evince da pochi flash-forward sparsi nel libro, riempirebbero tranquillamente una altro volume, chissà se l'autore ce lo regalerà.